L’Isola degli Spinaroni

Dopo un incerto briefing con gli occhi dei partecipanti volto al cielo in direzione del “bus ed S. Albert” che di solito è foriero di cattive anteprime meteo, nonostante il cielo livido, il gruppo Ryc si avviava al traghetto.

La destinazione finale era l’imbarco a Porto Corsini per la visita all’Isola degli Spinaroni e così è iniziato quel lento viaggio fra isolotti in canali che si biforcavano e dopo diverse anse la laguna si è ristretta in un ultimo canale e lì in fondo è apparsa l’isola. Una leggera bruma conferiva un aspetto davvero di circostanza, anche volendo non avremmo potuto scegliere una scenografia migliore, stava rasserenando, quella leggera nebbiolina andava dissolvendosi e tenui colori stavano ridando vita a una vegetazione lagunare che langue a causa della subsidenza di quelle valli, ma forse è proprio per la coscienza di quel fenomeno che tutto quell’ambiente assume un fascino così straordinario.

La descrizione delle peculiarità della Pialassa della Baiona sono state ampiamente approfondite con grande passione, leggerezza e professionalità da Eugenio Spreafico, biologo, che ha affascinato i visitatori con aneddoti e soprattutto descrivendo il mistero che ancora oggi aleggia sulla riproduzione dell’anguilla studi a cui si dedicò anche il giovane Sigmund Freud.

Intanto voli di fenicotteri in formazione perfetta, inserivano un altro tassello in quel cielo ormai sereno. Quell’isola così ospitale ed all’apparenza inoffensiva ha visto svolgersi sul suo suolo avvenimenti di indicibili violenze e sofferenze durante la guerra al nazifascismo, era il rifugio di un nucleo armato di Partigiani che creando collegamenti con l’esercito alleato riuscì dopo mesi di guerriglia, azioni di sabotaggio a portare a termine con la battaglia delle Valli la liberazione di Ravenna.

Il mèntore storico Guido Ceroni, se non fosse perché l’età non glielo permetteva si sarebbe detto che avesse partecipato personalmente a quegli avvenimenti, capace di circostanziare con termini, date, nomi e fatti il suo racconto senza enfasi retoriche ma con una grande professionalità, è stato capace di incollare per tutta la durata della sua narrazione il gruppo.

Il ritorno, sempre condotti  da Daniele, il marinaio, che si districava con grande abilità di nuovo fra le innumerevoli anse di quei canali in parte naturali e in parte artificiali, è terminato all’imbarcadero di partenza salutati da un sole caldo che ha imposto di mettere giubbotti e felpe sottobraccio.

Che dire di più? …ma sì diciamolo… è stato ampiamente meritato… “Audaces fortuna iuvat “.

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